mercoledì 5 dicembre 2012

And each wished he could pick a guitar

Jimmie Rodgers, il "Ferroviere Canterino", ha la faccia giusta per il chitarrista di questo brano.

E alle volte qualcuno tirava fuori la chitarra, davanti alla sua tenda. Si sedeva su una cassetta per suonare e tutti, nell'accampamento, si avvicinavano lentamente a lui, attirati da lui. Molti sapevano strimpellare una chitarra, ma questo era uno bravo. Si sentivano gli accordi pulsare più in basso, mentre la melodia scorreva agile sulle corde più acute. Dita pesanti marciavano sicure sulla tastiera. L'uomo suonava e la gente si riuniva intorno a lui in un circolo stretto, e allora lui cantava Ten-Cent Cotton and Forty-Cent Meat, e la gente lo seguiva con un canto sommesso. Quindi cantava Why Do You Cut Your Hair, Girls?, e il circolo cantava. Poi si alzava il lamento di I'm Leaving Old Texas, quella canzone strana e paurosa che c'era già prima dell'arrivo degli spagnoli, solo che le parole erano indiane, a quei tempi. 

Ormai il gruppo era una cosa sola, un unico blocco, e nel buio gli occhi guardavano dentro sé stessi, la testa andava a tempi lontani e la tristezza si trasformava in riposo. Cantava McAlester Blues e poi, per far piacere ai vecchi, Jesus Calls Me to His Side. I bambini si appisolavano con la musica e le mamme li portavano nelle loro tende, dove le canzoni entravano nei loro sogni. Dopo un po' l'uomo con la chitarra si alzava sbadigliando. "Buonanotte, gente".

"Buonanotte a lei", mormorava il gruppetto.
E ognuno in cuor suo avrebbe voluto saper suonare la chitarra, perché è una cosa bella.

Poi tutti si coricavano e l'accampamento diventava silenzioso. E le civette cominciavano a svolazzare, da lontano si udiva il balbettio dei coyote e le faine si intrufolavano fra le tende alla ricerca di avanzi,  faine arroganti senza paura.


John Steinbeck - Furore, capitolo 17.

Scusate la traduzione, l'ho fatta in fretta e furia, ma è un passaggio bellissimo di un libro bellissimo e avevo voglia di condividerlo.  (In particolare la frase in cui ognuno vorrebbe saper suonare la chitarra, in originale è "And each wished he could pick a guitar, because it is a gracious thing", ho messo "perché è una cosa bella", ma "a gracious thing" è qualcosa di più, è una cosa che esprime e diffonde grazia intorno a sé, almeno credo, ma mi piaceva mettere una parola sola, cercando di mantenere un po' della lingua asciutta dell'originale; ah! saper le lingue!). Gente che attraversa l'America in cerca di lavoro e trova un po' di conforto nella musica. Ho trovato anche due video con due delle canzoni menzionate da Steinbeck e hanno un che di commovente e sono molto appropriati.







Questo lo trovate anche su Stonehand Express, se vi va, insieme agli articoli di tanti altri collaboratori generalmente con competenze dell'italiano molto migliori delle mie.

martedì 27 novembre 2012

Il cast della Forresteria - terza e ultima parte


Ed eccolo qua, finalmente! L'ultima parte della titanica opera di descrizione dei personaggi della Forresteria. Leggete e fate leggere a tutti!


Donna Logan (solo Donna) - la mezzana delle sorelle Logan è dotata di un corpo ampiamente rimodellato alla carlona dalle mani di un chirurgo che probabilmente fa abuso di colluttorio o altri prodotti da banco. L'attrice che la interpreta è forse la più scarsa che la serie abbia attualmente in forze (insieme al figlio Marco del Texas, è una gara dura adesso che ci penso). Le curiose fattezze del suo viso la rendono esilarante in qualsiasi contesto ma non manca di scatenar la lussuria degli uomini della serie (per lei Eric faceva uso di additivi per anziani erotomani). Ha una nemesi nella Matta, che ha tentato di ucciderla cospargendola di miele e lasciandola in balia di alcuni orsi catalettici. Recentemente ha divorziato dall'avvocato afroamericano Giustino e sta flirtando con Nick, ma scoprir che lui se la fa con la Matta ha messo un filino in bilico le sue certezze.

Pamela Douglas (La Matta o Pamantha) - sorella minore di Stephanie, sicuramente uno dei personaggi più interessanti della serie. Anni spesi nel ruolo di badante dell'ignobile vecchia che le due si ritrovavano per madre hanno ovviamente minato la sua salute mentale, ma se la cava benone. Qualche tempo fa era preda dei peggiori sbalzi di umore anche grazie a un tumore birichino che le faceva far cose folli, tipo ingerire bustine di té intere o rapire Donna per darla appunto in pasto agli orsi. L'intervento chirurgico l'ha salvata, ma la follia resta un tratto abbastanza distintivo della sua personalità. Stava quasi per convolare a nozze con Stephen, il padre delle sorelle Logan, ma il futuro sposo si è dileguato non appena gli è stato proposto un contratto per la nuova serie di Dallas (avesse saputo i risultati degli ascolti, forse ci avrebbe pensato un po' di più). Per consolarsi si è buttata al collo di Nick, che prende un antiemetico al dì e la bacia per convincerla a rubare per lui i disegni dalla Forresteria. Essendo l'unico personaggio dotato di autoironia, viene utilizzata per le operazioni più curiose, tipo travestimenti laboriosissimi e partecipazioni a trasmissioni televisive, tipo Ok, il prezzo è giusto! (giuro!) e altre.

Rick Forrester (Ric Acume) - tutti gli attori che interpretano questo personaggio hanno in comune lo sguardo più vacuo che la storia ricordi, e l'ultimo erculeo acquisto non si sottrae alla regola. Un po' rimpiango l'interprete precedente, dai radi capelli a zazzera e i tratti somatici da orango (come si può non amare uno che guida la macchina che ha l'incidente in cui crepa cantando la gemella di Steffi, vola giù dal terrazzo, rimane paralizzato, guarisce, si arruola nell'esercito per finta e fa altre cose del genere?). Figlio di Eric e della Brocca, ultimamente sta cercando di acquisire potere nell'azienda di famiglia producendo disegni di moda insieme all'ex moglie Ambra: tutti gridano al miracolo ma Mascella ha detto "no" (in effetti son brutti come i soliti); poi mi son perso un passaggio e sti disegni al momento sono in produzione anche se Ridge continua a passare un gran nervoso. A livello sentimentale, al momento cerca di limonare sia con Ambra che con una stagista dalla faccia di macaco.

Justin Barber (Giustino) - avvocato afroamericano, braccio destro di Billone, cui dà manforte per tutte le trame che il magnate ama ordire (in realtà è il classico personaggio che viene riesumato solo per dar modo a Billone di fare il riassunto degli ultimi accadimenti). Donna era la sua fidanzona ai tempi del college, e il loro rapporto ha prodotto Marco del Texas, fatto di cui Giustino è stato all'oscuro fino a pochi anni fa. Per riparar si è sposato con la madre del frutto dei propri lombi, ma - principalmente per esigenze di sceneggiatura - il matrimonio è già sfumato.






Marcus Walton (Marco del Texas) - l'espressività di una stufa a pellets e muscoli d'acciaio in un solo corpo, come il padre Giustino (la madre è Donna) fa parte della serie per rimpolpare la magra quota afroamericana presente nel cast. Al momento lavora alle spedizioni della Forresteria ed è innamorato della Margherita, ma un precedente flirt scopereccio con Ambra ha prodotto la piccola Rosina (memorabile la sequenza in cui Marco ci mette circa una puntata a capire che la bimba è figlia sua e non di un padre caucasico come si credeva sino a quel momento).






Jackie Marone (Giaquelina) - madre di Nick (curiosamente, il figlio pare più anziano di lei, e forse lo è). Dopo un passato da donna di postribolo giù al porto, diventa moglie dell'armatore Massimo Marone (una lacrimuccia scende sempre, quando ripenso a lui) che già l'aveva ingravidata anni prima. Marone a un dato momento sparisce (non ricordo mica più come mai) e Giaquelina, forte del suo nuovo status di riccona, si dà alla bella vita, flirtando con Eric spesso e volentieri, e rilevando la fallimentare casa di moda Spectra, tosto ribattezzata Jackie M, che dirige con fortune alterne insieme al figlio, fino al recentissimo caso di furto creativo che li ha momentaneamente riportati in auge. Sposata col più giovane SixPack, ci resta male quando lui mette incinta il Sacco delle Botte (ai tempi sua nuora) e poi lo convince a divorziare per stare con la madre del proprio figlio.

Owen Knight (SixPack) - perennemente a torso nudo per mettere in mostra i suoi addominali (che rappresentano la principale dote recitativa dell'attore) ha filato negli anni con Donna, Bridget, Steffi (credo) per poi convolare a nozze con la Giaquelina, (se non sbaglio fu lei a chiedergli la mano, imbragata a un paracadute trainato da un motoscafo). Va da sé che dopo aver messo incinta il Sacco delle Botte il matrimonio è andato in crisi, ma recentemente i due si stanno riavvicinando.







Oliver Jones (Oliviero) - fratello della già sparita Agnes (alias l'Utero in Affitto), ha filato con la Speranza fino al malaugurato incidente della festa in maschera in cui trombò per errore la Brocca. Per un po' è stato uno dei molteplici amanti dell'Ambra. Al momento è impiegato nella Forresteria per cui funge da fotografo, da addetto audio/video, fino a ricoprir mansioni di garzone generico.








Dayzee Leigh (Margherita) - bella ragazza di colore dedita alle attività socialmente utili, viene introdotta nel cast della Forresteria quando la Vecchia vaga fra i senzatetto. Nel giro di poco si trova a gestire, coi capitali della Vecchia, il bar Dayzee's (già Insomnia), ritrovo cool che ogni tanto si dedica a sostenere gli amati senzatetto che poi si prestano a esibizioni canore sempre lacrimevoli.







Menzione speciale va al tenente Baker, anche se da un po' non lo si vede. Il prode poliziotto viene interpellato ogniqualvolta vi sia bisogno di un tutore dell'ordine alla Forresteria: dalle liti di condominio agli omicidi, dai rapimenti agli atti di vandalismo, dal furto con scasso allo smarrimento di animali di compagnia. Pare attraversare queste vicende sogghignando, forse perché sa che da lì a breve potrà tornarsene agli affari propri, e di solito mette in galera la persona sbagliata senza indugio.





Con questo, più o meno ho concluso la disamina di tutto il cast della nostra serie preferita e ho finito anche le mie medicine.
ArrivederLi e a presto, spero di aver fatto cosa gradita e di non aver causato troppe nausee.

venerdì 23 novembre 2012

Il cast della Forresteria - parte seconda

Allora, prendendo le mosse da una domanda della Chiavegatti (spesso é lei a dare la stura a questi post qua), ho deciso di fare il punto della situazione su quel che sta succedendo dentro e fuori la Forresteria.

Prendendo due piccioni con una fava, cerco finalmente di terminare anche l'elenco dei personaggi della saga. Tempo fa avevo scritto un illuminante post in cui descrivevo i pezzi da novanta della serie (ne consiglio una rapida lettura, si sa mai).
Con questo post e il prossimo (fra qualche giorno, sennò sarebbe un polpettone lunghissimo) elencherò i personaggi di secondo piano. In realtà è quasi passato un anno e nel frattempo la produzione ha introdotto sempre più trame riguardanti i personaggi più giovani. Un po' credo sia perché ormai i personaggi storici si stanno avvicinando (o ci son già arrivati) alla sessantina (e vederli limonare e limonare non è che sia più un gran bello spettacolo), un po' credo sia dovuto al tentativo di attirare un pubblico più giovane (dato che ormai il pubblico della prima ora è quasi tutto nei reparti di geriatria). Quindi i personaggi che andrò a descrivere spesso non sono realmente di secondo piano. Spero di non scrivere troppi strafalcioni e di non addormentarmi nel tentativo.

Detto ciò, procedo col fondamentale:

La Forresteria

Parte Seconda
MEZZE CALZETTE
(in ascesa, qualcuno, e qualcuno no).


Steffy Forrester (solo Steffi) - comincio dai personaggi più al centro dell'azione degli ultimi tempi (per quanto si possa parlare di "azione" nelle trame letargiche della Forresteria, che trascinano per mesi un'unica trovata, grazie anche allo scarsissimo acume dei personaggi). La Steffi, figlia di Mascella e del Canotto, sta prendendo sempre più il posto che fu della Brocca dei bei tempi, tra intrighi, attacchi di libidine e lingerie di pregio. Di Mascella ha preso la volitività, del Canotto il silicone. Una volta aveva una sorella gemella più brutta (che crepò cantando fra le braccia di Mascella, che bei ricordi) e, dopo vari traumi, ultimamente l'abbiamo vista prima avere una tresca col Billone (ne ho parlato a suo tempo), poi innamorarsi di suo figlio Mezzapugnetta Spencer. Per strappare il tracagnotto alla Speranza (vd. sotto) ha fatto fuoco e fiamme (sempre coadiuvata da Billone per la logistica), tessendo intrighi, fermando ovovie e scatenando orchestre mariachi. Alla fine, durante un inseguimento in quad (avete letto bene) è volata per aria finendo con la faccia per terra. Dopo uno di quei soliti coma di Beautiful (lei stesa col trucco perfetto, tutti i parenti che sbraitano con medici e infermieri, come se fosse colpa loro, litigi in sala d'aspetto e la Speranza in bikini al pronto soccorso per tre giorni) si è ripresa e Mezzapugnetta ha deciso di rimanerle a fianco, per assistere lei e il letale Grumo nel Cervello™, salvo poi scoprire che era un'altra macchinazione di Billone, che aveva assoldato medici per dichiarare il falso. Al momento lei è profondamente stupita che il marito, che ha appena scoperto di essere stato raggirato in molteplici occasioni, non arda di desiderio all'idea di restare con lei.


Hope Logan (Speranza) - figlia della Brocca e del gaglioffo ormai dimenticato Deacon Sharpe (sparito lui, sparito anche il cognome della bimba). Per anni è stata una specie di Shirley Temple catatonica che ha rischiato in almeno due occasioni di morir per banali incidenti domestici (boccoli impigliati sul fondo della piscina, giuochi proibiti con lo zippo e le tende, e così via). Cresciuta, come spesso accade nella Forresteria, dalla sera al mattino, ha preso le fattezze di donnino biondo e un guardaroba che neanche la Vecchia si metterebbe. Fra i vari accadimenti della sua giovane vita amorosa  e professionale ricordiamo: l'episodio in cui la madre e il suo antico fidanzato Oliviero trombarono per sbaglio durante una festa in maschera al ritmo di una canzone del tizio che diceva te gusta la gasolinaa?; la creazione di una linea di moda che promuove la castità (qui mi sono perso anch'io, forse riesce nell'intento attraverso gli accessori particolarmente antiquati); ha rischiato di convolare a nozze con Mezzapugnetta per poi vederselo portar via dalle grazie della Steffi (la castità alla lunga chiede il suo obolo); è rimasta bloccata su una cabinovia assistendo impotente al matrimonio surreale dei due di cui sopra (la condensa sui vetri della cabina era particolarmente toccante, e recitava meglio); infine, è stata anche corteggiata da Tommaso. Varie peripezie, fra cui il Grumo nel Cervello™, la hanno riavvicinata all'amato, pronta a perdonargli di aver inavvertitamente sposato la rivale.


Liam Spencer (Mezzapugnetta) - al secolo William Spencer III° (già Cooper), figlio ritrovato in matura età da Billone, che ne ignorava l'esistenza fino a due anni fa. Il nostro tracagnotto si trova improvvisamente calato nel ruolo di ereditiere e viene subito messo a ricoprir ruoli dirigenziali nella ditta di papà (una pratica, quella della raccomandazione, inveterata nella serie, che ha portato più e più volte a bancarotte per conclamata deficienza dei soggetti coinvolti, più presi a passar tempo in mutande che a lavorare). Insipido al limite delle umane possibilità, è assurto abbastanza rapidamente a posizioni di primo piano, grazie a tutta la manfrina delle due di sopra che se lo litigano da parecchi mesi. Tecnicamente viene sbattuto a destra e a manca a piacimento degli altri, anche se ultimamente, preso nel mezzo nella storia del Grumo nel Cervello™, gli salta la mosca al naso con niente ed è comprensibilmente amareggiato. Interessante la sequenza quasi psichedelica, in cui l'attore, inseguito da un gruppo mariachi, corre come un cartone animato fra le dune.


Katie Logan (Chetti, Faccia a padella o Gamera) - la più giovane e meno attraente fra le sorelle Logan, attualmente è moglie di Billone, anche se il loro matrimonio è più in bilico che mai, dopo il tradimento di lui con la Steffi e il clamoroso e recentissimo episodio in cui lui l'ha chiusa nella torre di casa (chi non ha una torre in cui rinchiudere coniugi recalcitranti, del resto?), nella speranza che lei tacesse le informazioni in proprio possesso circa il fittizio Grumo nel Cervello™. In precedenza era stata al centro di una trama piuttosto interessante in cui alla fine le veniva trapiantato il cuore del fratello Tempesta Logan, che si era acconciamente tolto la vita nella stanza d'ospedale accanto a quella in cui lei aspettava un donatore per il proprio corazòn, ormai alla frutta. E' stata lì lì per sposarsi con Nick, se non sbaglio, ma all'ultimo ha scoperto qualcosa che le ha fatto cambiare idea (cosa fosse non ricordo, ma di solito le corna bastano).



Thorne Forrester (Tòrn) - fratello minore di Mascella, conta come il due di coppe quando comanda bastoni. Da sempre nell'ombra, lavora nelle segrete della Forresteria (gli manca giusto la gobba), cenerentolo senza aver mai un riscatto vero e proprio. Ha avuto una vita mai avara di sfighe e disgrazie (tipo sposare il Canotto senza sapere che proprio lei è il pirata della strada che gli ha ammazzato la moglie precedente). Ultimamente gli girano abbastanza le balle e per un brevissimo lasso di tempo ha riavvicinato il Canotto, ma gli sceneggiatori si sono presto dimenticati di lui.







Thomas Forrester (Tommaso) - figlio di Mascella e del Canotto, nonché fratello della Steffi. Prima era un bamboccio dal viso rotondo e dagli occhioni da cucciolo, ora è un marcantonio dalla mascella degna di cotanto padre e dal fisico da nuotatore ("Bravo!", ebbe a dire la mia amica Chiavegatti, non appena lo vide). Con la nuova gestione è sparito nelle nebbie dei tempi anche un matrimonio da lui contratto con una bella ragazza di origini messicane e ora Tommaso è tornato libero e pronto alle più sordide trame. Anche lui dotato del talento per la moda, ha brevemente portato avanti una linea uomo tutta sua, con l'ausilio della Brocca, di cui si era anche invaghito. La loro storia ha raggiunto apici sublimi nella serie di episodi sul naufragio nell'isola delle morositas allucinogene.
Successivamente ha cercato di limonar con tutte le donne non consanguinee presenti, dalle segretarie, all'attivista Margherita, fino ad arrivare alla Speranza, che ne ha approfittato (senza sesso, ovviamente) per dimenticar Mezzapugnetta.


Tenete duro qualche giorno e arriverà anche la dinamitarda conclusione! Nel frattempo cercherò di non pensare troppo al principe Omar.


giovedì 10 maggio 2012

Nuove nuove dalla Forresteria - Cuori Pazzi

Niente di che, scrivo questo post solo perché la Chiara Chiavegatti voleva delucidazioni sugli ultimi eventi nella Forresteria. Le ho commentato due tre cose su facebook e ho sentito un post nascere.

Faccio un po' di copia e incolla, revisiono, integro, corroboro e sono subito da voi.

Facciamo il punto della situazione:

Nulla c'entra, ma non ho resistito
- Mascella e la Brocca son tornati insieme, grazie al tempestivo rimorso della Vecchia (mentre Mascella era sul punto di sposare il Canotto, che qua non si perde tempo): ella aveva convinto Tommaso a dichiarare di aver fatto sesso con la Brocca sotto l'effetto delle morositas allucinogene nell'isola ove i due menavano la loro esistenza di naufraghi; ovviamente son tutti arrabbiati con la Vecchia mentre il povero Tommaso viene ritenuto vittima delle macchinazioni della sua nonna che gli aveva promesso anche una quota sostanziosa dell'azienda di famiglia (considerato che rischia la bancarotta ogni tre per due, direi che in effetti Tommaso può a ragione esser ritenuto un frescone, poverino);

- l'Ambra, che sosteneva d'esser incinta di Guglielmino Spencer (d'ora in poi sarà alternativamente definito "Mezzapugnetta" o "Mino"), scodella una bimbetta mulatta che chiama Rosina. Ora, essendo Mino di razza caucasica, risulta difficile vederlo come padre biologico dell'infanta. Dunque, nella serie abbiamo solo due personaggi afroamericani ricorrenti (lasciando stare il prode tenente Baker, già da anni preda dell'andropausa), facendo due più due otteniamo l'evidenza che la bimba è figlia di Marco del Texas (che ci mette circa un mese a capire il concetto, tale e tanto è l'acume di cui è stato dotato), che comunque non è un malpartito e ha due bicipiti notevoli. Questo parto trasforma automaticamente la Donna Logan in nonna causandole, presumo, non poco imbarazzo;
"mamma, non è come sembra"

- Billone e la Stefanina si sono innamorati: lei gli stava dietro da un tot, ma galeotta fu l'esperienza della ricerca dei naufraghi e Billone ha finalmente capitolato e vorrebbe far la cosa giusta, ovvero copulare con la Stefanina, quindi lasciare la propria moglie, quella faccia a padella della Chetti Logan. Purtroppo la prima fase viene interrotta dal Canotto, che essendo appena stata lasciata sull'altare da Mascella (vedi sopra), ha un diavolo per capello (a Cesena si potrebbe dire anche "tiraculo") e non si ciuccia niente. Prende a male parole la figlia e Billone, il quale si congeda affermando che andrà tosto a lasciare la moglie, com'è giusto che sia. Non sa, il poveretto, che la Chetti ha organizzato una di quelle belle cerimonie americane in cui marito e moglie si rinnovano il voto di fedeltà e tutto, sotto lo sguardo di Mezzapugnetta che vorrebbe morire, visto che è a conoscenza delle tresche del babbo. Ecco che Billone arriva a casa e si ritrova il tinello pieno di tutti i parenti della moglie, e anche la propria sorella giunta all'uopo, gemella della Carolina defunta da quel dì. Di fronte a quella folla che si ingozza di volovàn e prosecco, Billone non ha il cuore di lasciar la moglie e mastica amaro. Il giorno seguente racconta il proprio fallimento a Stefanina e Canotto: la figlia comprende e mira all'accoppiamento, la madre dà fuori di testa e si reca dalla Chetti e comincia a raccontarle tutto.

Arriviamo così alla puntata di oggi, che ho riassunto poco fa in dolce stil facebook alla Chiavegatti assetata di conoscenza, e riproduco più o meno fedelmente:

ay, que dolòr
Il Canotto dice che Billone se la fa con la Stefanina, ma la Chetti non ci vuol credere, no no no, e sì che il Canotto insiste: "tuo marito se la fa con mia figlia, casso!! ma sei tonta, oltre ad aver la fazza a padella?"

ma lei no no no, "bill ama solo ammè!"

nel frattempo Marcus (che se non lo sai è il babbo della figlia dell'Ambra, battezzata Rosina) decide che è meglio per lui non abitare con l'Ambra, che per ciulare va anche bene, ma lui non è innamorato, si limiterà a fare il babbo (però a casa sua, anzi, a casa di Oliviero, così non si deve alzare alle 3 di notte per pulir della cacca).

segue scambio di salaci battute fra l'Ambra e la Margherita (d'ora in poi la Daisy la chiamo così); alla Margherita ci piace Marcus, ma ci piace un bel po' (non si capisce perché: pettorali a parte, è un defizente atomico, parola mia).

ma torniamo sulla Chetti che continua a dire "no no no, billone mmio ama solo me, ziocanta, e te Canotto fora di qui!"

comunque, fatto sta che arriva Billone, le dice che invece il canotto teneva razòn e la Chetti si incazza come una biscia, strepita, piange, grida (che vergogna, ziobbono, che vergogna) e alla fine le prende uno schioppone, casca lunga stesa, fine della puntata, domani è venerdì.

pronostici: dato che la Chetti è provvista di un cuore non suo (dono del fratello suicida, qualche anno fa), spero in conseguenze sostanziose, tipo una paralisi temporanea, cosicché la Chetti in sedia a rotelle sarà costretta a vedere Billone amoreggiare con la Stefanina, come già accadde al povero Massimo Marone (mai abbastanza rimpianto) il quale, costretto sulla sedia in tuta di acetato, piangeva alla visione di Deacon Sharp che palpeggiava la Giaquelina.
Massimo Marone, dove lo metti sta

Ah, questa sì che è vita, non siete d'accordo?

lunedì 12 marzo 2012

Tutta la vita - A Noise Insopportable

“La musica molto spesso dà delle grandi sensazioni positive, ma molto spesso diventa un rumore insopportabile: A noise insopportable
E il pubblico giù a ridere.
“Questa canzone non è autobiografica, ma la canzone parla di tutti quelli che fanno musica: dei musicisti”.
Ne parlavo con Lollo, credo, poco tempo fa. O forse con qualcun altro, la racconto a chiunque, prima o poi, la presentazione di Tutta la vita. Però del disco dal vivo son sicuro di averne parlato con lui, dell’energia, di quella presentazione memorabile e di una canzone che dice come mi sento io quando suono, con parole che non le capisco mica bene, ma mi spiegano sul serio.
Qualche giorno fa, Dalla era morto da poche ore e io ero letteralmente sconvolto; mentre fioccavano i link su facebook, Lollo ha semplicemente scritto Tutta la vita.
 
Dalla l’avevo sempre ascoltato, sui dischi della mia mamma che lo adorava. Ci aveva anche portato a vedere il concerto con De Gregori allo stadio di Cesena e ricordava sempre che all’ingresso le avevano confiscato la bottiglia d’acqua, caso mai quella signora con due bambini avesse dato fuori di matto e deciso di lanciare la bottiglia della Norda in testa a qualche fan di De Gregori (che a lei, come a me, piaceva di più Dalla). Vabbè, non era proprio una signora, aveva 28 anni, ma era un’altra epoca. Mia sorella Fosca un po’ si ricorda, io non tanto, ma per anni ho consumato Banana Republic immaginandomi che mi spello le mani fra quel pubblico così evidentemente felice.

Cassette, raccolte, album: tutte le cose di Dalla che c’erano in casa erano impressionanti, infinitamente superiori agli altri (pochi) dischi di mia madre. E sì che c’erano Battiato, De Gregori, Battisti e altra robina così.
Dalla, per me che ero un bambino, aveva una forza che gli altri non si sognavano neanche (Battiato mi faceva molto ridere, in effetti, ma la musica era un’altra storia, non c’era gara). La voce di Dalla mi incatenava, naturale e potentissima insieme, con la sua bella dizione bolognese, con le doppie che saltavano e quelle improvvise bordate di suoni misteriosi (da bambino ero sicuro che fosse inglese autentico).

Lucio Dalla è un disco che conosco a memoria ma, da adolescente alle prese con la mia prima tromba, lo legavo più ai miei ricordi di infanzia, Viaggi Organizzati e Bugie invece suonavano più nuovi, pieni di tastierine elettroniche e melodie storte e testi di cui capivo poco o niente, ma che mi sembravano molto belli, soprattutto perché usavano parole normali. Esplosioni di suono e slanci di voce esaltanti. Tutta la vita mi piaceva tanto; non sapevo bene di cosa parlasse ma “tutta la vita a far suonare un pianoforte lasciandoci dentro anche le dita” era un verso bellissimo che in qualche maniera parlava anche di me.
Nel 1986 esce Dallamericaruso, un live registrato negli Stati Uniti da Lucio Dalla con gli Stadio. Ora come ora, il disco è ricordato perché c’è Caruso, ma per me la parte dal vivo è sempre stata più interessante, un po’ perché i dischi dal vivo mi son sempre piaciuti, un po’ perché Caruso mi è sempre piaciuta poco, ma soprattutto perché mi immaginavo di prender posto fra gli Stadio, alle spalle di Dalla, e suonar la mia tromba (o quello che avesse voluto lui) e divertirmi come sembrava si stessero divertendo loro in quel momento.
Tutti i brani son suonati con una foga travolgente, senza preoccuparsi poi tanto di suonar perfetto (alla fine Dalla ringrazia tutti quelli che hanno permesso “questo obbrobrio”). Quando arriva Tutta la vita, con la sua presentazione curiosa ed esilarante, mi si apre un mondo. Dalla dice che non ha mai avuto scelta, di fronte alla musica, può soltanto fare quello che sta facendo: suonare fino a farsi male, “salutando gli ultimi capelli”.
C’è tanta musica pop dedicata alla vita da musicista, album interi (tra l’altro Dalla è autore dello splendido adattamento italiano di The Road; Una città per cantare secondo me è di gran lunga superiore alla versione originale); non ho mai trovato però tutto il mistero, la fatica e la gioia del fare musica spiegati così bene come in questa canzone qua, in questi 5 minuti e rotti dal vivo, con la chitarra di Ricky Portera che se la gode, le tastiere che alzano continuamente il volume e citano Perfidia (Dalla era anche un orchestrale, a modo suo), la voce che splende, ride di sé stessa e mi fa morir di invidia.

Poi, un po’ divento più grande, un po’ divento cretino, un po’ la produzione di Dalla cala di qualità (ma non son sicuro che non sia perlopiù colpa mia e delle manfrine jazz che mi ciuccio tra i 18 e i 30 anni), fatto sta che non son più tanto aggiornato sulla produzione del mio cantautore preferito. L’ultimo disco lo compro nel 1996, ma più che altro perché la mia mamma è appena entrata in ospedale e immagino le possa far piacere; non lo cago più tanto, almeno fino a quando non mi riavvicino alla musica pop, ma anche lì prediligo gli americani.

Qualche anno dopo mi salta in mente di scrivere canzoni e comincio a suonarle in giro. Siccome 13 canzoni sono poche, cerco cover italiane, ma Dalla lo tengo alla larga, troppo difficile e spaventoso il confronto con la mia povera voce, anche se Tutta la vita sarebbe veramente da provare, c’è già la presentazione pronta.

L’anno scorso mi vien voglia di vinile (a breve un post all’uopo): mi procuro un giradischi, recupero i miei dischi a casa del babbo e mi accorgo che quelli di Dalla non ci sono. Probabile che la collezione della mamma ce l’abbia la Fosca. Allora decido di cercarli un po’ nei mercatini e trovo diverse cose e mi si stringe il cuore a pensare a quando li ascoltavo a 13 anni e mi rileggevo i testi e i nomi di musicisti, tecnici e produttori. Lascio lì una copia di Dallamericaruso pensando che tanto ho il cd, ma in effetti metter la puntina sui solchi di Com’è profondo il mare è veramente emozionante.

Qualche settimana avanti veloce: vengo da cinque giorni di influenza e non sto proprio bene. La radio in cucina annuncia che Lucio Dalla è morto in Svizzera (“in Isvizzera? a fare che?”) e, ricordi che saltan su, emozione, tutto tutto: do un po’ fuori di matto (ci sono i testimoni) ma sorvoliamo, che è meglio. Il giorno dopo sono a suonare a Padova e in quelle due ore di auto mi ascolto solo Dalla e in testa, un po’ per la febbre, un po’ perché va così, canto continuamente Tutta la vita (“domani compro un bel violino e una camicia di velluto, e ti saluto”).
Parlo a Simone, che mi dà una mano con cavi e microfoni, del fatto che son sconvolto dalla morte di Dalla, lui mi dice “potresti fargli un omaggio” e io mi rendo conto che non sono pronto per una roba così, forse non mi ci sentirò mai. Sicuramente adesso mi sembra poco rispettoso e non lo faccio di sicuro. Ma mentre suono e canto le mie canzoni penso sempre a quella canzone, a quella esecuzione del 23 marzo 1986 e alla voce di Dalla, allegra e inesorabile, che dice “…come un pallone che si è perduto io ti saluto, io ti saluto”.

questo è il video di quella versione di Tutta la vita, peccato manchi la presentazione.

ps - questo post è già stato pubblicato su Stonehand Ex Press, dove scrivo da qualche tempo!

sabato 4 febbraio 2012

Il mistero del numero 100 - Ansia e sorprese a Macerata

Il 26 di dicembre, dopo giorni a pensarci, e ore a combattere coi captcha del sito di RyanAir, prenoto i voli per la mia prima vacanza seria da un anno e mezzo a questa parte. La mattina del 27 mi arriva una email che mi comunica che sono stato ammesso alle audizioni live per il concorso Musicultura, che io ormai avevo dato per perso, e che dette audizioni si svolgeranno il 28 gennaio, mandando così le mie ferie giù per il gabinetto. Oh yeah. Contento son contento, ma la Chiara mi lancia certi sguardi che mi levan la pelle della schiena.


Avanti veloce fino al 27 gennaio sera: mi sto un po' cagando addosso, diciamo parecchio. La Chiara nel frattempo mi ha perdonato e mi sostiene indefessa nelle mie sclerosi; infatti, quando son sotto pressione, tendo a diventar matto, mi invento canzoni in tempo reale, rido da solo, mi iscrivo a corsi di decoupage, cose così.
La notte dormo poco e male. Alle 8 son già in piedi, anche se dovrò partire fra quattro ore e mezza (riuscirò comunque ad accumulare 20 minuti di ritardo: un talento naturale, il mio), e comincio a rimbalzare da una parete all'altra. "Chiara, vanno bene i jeans neri?", "Chiara, va bene se non mi faccio la barba?", "Chiara, farà freddo laggiù?", "Chiara, se smetto lo metti giù il badile?", e così via.
Controllo decine di volte di aver preso su tutto e parto.
Torno subito indietro bestemmiando tra i denti perché mi son dimenticato di stampare il foglio con tutte le indicazioni per raggiungere il teatro a Macerata.

Al bar del metano ci son già Mohuro e Bovi (rispettivamente conosciuti anche come Gazzoni e Marco) che mi aspettano e ridono già (quando loro due ridono già prima di partire c'è da aver paura, potrebbero nascere tormentoni infernali che si tatuano nel cervello e si riesce a toglierli solo chirurgicamente).
Il viaggio procede liscio col bel sole di gennaio e, grazie alla mia ansia, arriviamo che il teatro è ancora chiuso. Mauro che mi fa notare che il teatro della Filarmonica è in un bel palazzo antico che emana un po' la stessa atmosfera del Conservatorio dove ho passato 7 anni: ancora più ansia, grazie Mauro. La giornata è così pianificata: dalle 15.30 alle 18.30 si faranno le prove tecniche audio; 19.30 cena; 20.30 foto e interviste; 21 spettacolo. Mohuro è mancino, quindi la batteria va montata al contrario e, per praticità, noi tre saremo i primi a salire sul palco.

Facciamo un po' di chiacchiere con gli altri musicisti, e mi sembran tutti più tranquilli di me, ma magari anche io sembro tranquillo, da fuori. Ascoltiamo il sound check e Bovi comincia a dire: "Ehi, ma siamo sicuri di quello che stiamo facendo? Gli altri hanno arrangiamenti levigatissimi, sequencer, effetti particolari, strumenti etnici, elettronica, mentre noi siamo in tre, suoniamo ruvidi come la ghiaia e il tuo ukulele è sempre scordato" (quella dell'ukulele non l'ha mica detta, ma so che lo pensa). Vorrei fargli presente che, a poche ore dall'esibizione, il suo pur condivisibile ragionamento non è particolarmente d'aiuto a gestire l'ANSIA.

Nel frattempo ci mostrano il nostro camerino, il numero 3,  scopriamo che il bagno è numerato 100, e Marco si ricorda che sua nonna diceva "vado al numero 100", quando andava in bagno. Ho cercato conferma navigando su internet, ma non ho trovato nulla a proposito (a proposito del numero 100, non della nonna di Bovi). Mistero.

Arriva il nostro turno per fare il soundcheck e tutto fila liscio e svelto, grazie all'efficienza di Giorgio e Mauro, tecnici dal sorriso sempre pronto, nonostante abbiano a che fare da una settimana con almeno 4/5 gruppi di musicisti in paranoia al giorno ("mi metteresti più bouzuki in spia?", "se schiaccio qui cosa succede?", "io avevo chiesto un pianoforte rosa!", e così via).
Siccome siamo arrivati un po' lunghi, foto e interviste sono rimandate e si va a cena tutti insieme, con Bovi che continua a porsi domande sul significato dell'universo e sull'opportunità della nostra presenza a Macerata: "ma siamo proprio sicuri?"

Si vede che le domande fondamentali non tolgono l'appetito, che i miei due soci mangiano a quattro palmenti, mentre io ho un po' di stretta allo stomaco (come altri dei musicisti in gara) e mi affogherei di birrette, ma mi trattengo per dopo.

Eccoci in camerino a cambiarci per la suarè: io sfoggio la mia solita camiciuola verde col collo impossibile, Mohuro la sua cravattina e Marchino una camicia delle sue di colore indefinibile. Ognuno scarica la tensione come può, io continuo ad accordare l'ukulele, Bovi si cambia in corridoio "perché c'è un bel calduccio" mentre Gazzoni in canottiera urla "10 minuti! 10 minuti!!" suscitando panico e sconcerto negli altri artisti.


Il momento di salir sul palco si fa attendere e aspettiamo facendo due chiacchiere con il fonico. Io accordo indefesso e chiedo a Bovi consigli, che le mie orecchie già scarse di loro in questo momento sono inservibili.

Parte la sigla, presentazioni e sento il mio nome, bùm!

"cos'è che non funziona?"
Mauro, il fonico, mi segue sul palco e attacca il cavo dell'ukulele, è la prima volta che mi succede una roba del genere e un po' mi sento rockstar. La sala è strapiena e la giuria è disposta lungo un tavolo e sembra un po' una commissione d'esame, ancora più ansia. Mi presento e comincio a cantare con la voce che trema e le ginocchia peggio. Dopo un po' mi accorgo che il mio ukulele non è che si senta granché: forse è il famigerato effetto di assorbimento acustico del pubblico in sala (ci sarebbe da fare un post solo sulla famosa frase che si dice ai soundcheck: "col pubblico stasera cambierà tutto"), ma mi sembra un po' strano che la voce non risenta dello stesso effetto. Allora, sempre cantando e suonando, sempre più in banana, comincio ad allungare il collo per vedere se i miei pedalini sono accesi, mando dei cancheri a Mauro il fonico che forse non ha collegato tutto per bene. A metà canzone tocco la rotella del volume dell'ukulele che torna a farsi sentire e mi maledico (e mi scuso mentalmente con Mauro che non aveva colpa).
Ok, ho compromesso la mia comparsata a Musicultura, ma ormai siam qua e amen, tiriam giù il teatro, se c'è modo, che ci sono ancora due canzoni da fare. Mi giro per lo sguardo d'intesa coi miei soci, intesa che ci sparerà verso il cielo, e vedo Bovi che mi dice "Peccato per il volume".
Resisto all'impulso di menarlo: suoniamo decisi le nostre canzoni, Mauro pesta duro, Marchino non sbaglia una nota e canta altrettanto bene, ci divertiamo, insomma (anche se su Corso Sozzi mi metto a schiacciar pedalini a vanvera, tanto ormai). Applausi applausi, io resto sul palco per le domande di rito della giuria, ormai son tranquillo e mi piace parlare della mie cose (ma quello mi piace sempre, non conta).

La commissione mi congeda e con Mohuro e Marco andiamo a farci fare le foto, poi per me comincia una lunga serie di interviste di rito e purtroppo mi perdo tutte le altre esibizioni. Fra un'intervista e l'altra mi incrocio con Bovi e Mauro che dicono "abbiamo spaccato, peccato per il primo pezzo!"; ormai l'ansia non ce l'ho più, vorrei menarli, ma non ho tempo e poi han ragione loro. Al cellulare arrivano i messaggini di chi mi guardava da casa ma non riesco a rispondere.
Riesco finalmente ad agguantare una birretta e telefono alla Chiara per chiedere come le è sembrato il tutto, e mi rincuora scoprire che da casa la piva del volume non si è notata troppo. Mentre sono al telefono mi arrivano avvisi di chiamata vari, e vedo Paolo dell'organizzazione che mi dice di andare dietro le quinte, perché ho vinto il premio per la miglior performance. Io? Da bòn? Io?

Farnedi con l'Assessore Irene Manzi.
Son lì dietro le quinte che ciuccio la mia birra con gli occhi sgranati mentre una signora bionda e alta (che si rivelerà l'assessore alla cultura del comune) mi fa i complimenti (io? sul serio?). Mi consegnano il premio (un bel microfono con serigrafia offerto dallo sponsor), foto foto foto, e poi lasciamo il palco e la serata finisce lì, stanchi morti, che non sappiam più dov'è parcheggiata la macchina, ma siam contenti.
Bovi mi dice che probabilmente il nostro suono spartano e ruvido come la ghiaia era proprio la cosa che ci voleva: non lo prendo a scapaccioni solo perché ho appena vinto un bel microfono, e anche per merito suo e di Mohuro.



La foto del numero 100 l'ho fatta io col mio cellulare da due lire, quella in camerino viene dalla macchina di Mohuro, le altre sono di FotoStudioPrint, Macerata.

ps - non mi son spiegato bene, mi sa, Musicultura funziona così: ci si iscrive, se le canzoni piacciono si arriva alle audizioni, chi supera le audizioni entra nella rosa del 16 finalisti e poi, eventualmente, arriva la gloria. Ogni serata delle audizioni la giuria premia la miglior performance con un microfono offerto dallo sponsor, ma questo premio non è collegato a un'eventuale accesso alla finale, per cui ancora i giochi sono aperti. Speriam!

mercoledì 1 febbraio 2012

Riassunto della solita colta e imprescindibile serie televisiva. Addì primo febbraio del duemiladodici.

riassunto di Beautiful di oggi, perché qualcuno me lo chiede e soprattutto perché merita (chi avesse problemi a racapezzarsi fra i personaggi potrà andare a guardarsi il post con l'elenco dei personaggi più importanti; va bene, va bene, prima o poi scriverò anche la seconda parte, quella dedicata alle mezze calzette).


Dunque, procedono spasmodiche le ricerche della Brocca e Tommaso, superstiti di un incidente aereo che ha salvato solo le paillettes del vestito della Brocca, risultato della sostituzione in toto dei costumisti della serie, ruolo ora ricoperto da alcuni gibboni. Mentre i due si aggirano in mutande e paillettes lei e vestito da california dream man lui (facendo appello alle proprie leggendarie capacità recitative, si muovono come comparse in un film di Romero), su un aereo acconciamente messo a disposizione dalla Spencer Publications troviamo Billone, Mascella, il Canotto e la Steffi che coordinano le ricerche. Billone mantiene la calma, mentre gli altri si lasciano andare - a turno - a eccessi di isteria (encomiabile comunque Mascella: nonostante l'emergenza è riuscito a passar dal coiffeur a rinfrescar la tinta).
"stai tranquillo, non è la prima volta che mi succede"

Tommaso sull'isoletta tesse lodi della sua compagna di sventura, donna fantastica e magnifica (soprattutto in quanto principale produttrice della serie), indi fa appello al suo passato da scout e, sfoggiando lucidi bicipiti e chioma scintillante, riesce ad accendere un focherello per riscaldar le rigide notti fijiane (fijine? boh?). Intanto la Brocca, famelica, occhieggia le morositas che uno scenografo ha truccato da altrettante bacche velenose. Tommaso la redarguisce dicendole che non lo san mica se si posson mangiare, che se poi gli viene il cagotto non ha il cambio di paillettes. Ciononostante le morositas son state colte dal rovo e tenute nella spelonca a mo' di addobbo, se posso azzardare un'ipotesi.

Nel frattempo Mascella, risoluto come non mai, decide di battere l'oceano intiero a bordo di un umile peschereccio pilotato da un sorridente oriundo. Billone gli fa notare che le ricerche sono state affidate al fior fiore dell'aviazione e della marina locale, attrezzatissimi di ogni strumento e comfort, ma Mascella non sente ragioni (del resto, una tinta così fresca non può esser lasciata a languire nel chiuso di una cabina di aereo) e decide di partire, seguito dal Canotto (in caso di necessità in mezzo all'oceano, la psichiatra siliconata sarà utile quanto un piegaciglia). Billone gli stampa una cartina da google maps e gli dà una bottiglia d'acqua per il viaggio. Flotta attrezzata vs. peschereccio di Mascella: secondo voi chi troverà i naufraghi?

Mentre Tommaso va alla ricerca di acqua potabile (da poter bere, come ieri, dal guscio di un capasanta appena pulito con l'amuchina), la Brocca resiste alla tentazione di mangiar le morositas birichine e volge lo sguardo al cielo, biascicando parole affettuose e deliranti a Mascella che, in un montaggio vertiginoso e virtuosistico, sta facendo la stessa cosa dal suo umile peschereccio. Mentre entrambi guardano la costellazione dell'Orsa Maggiore (ipotizzo, ché per me poteva anche essere quella del Calippo), parte un breve montaggio che ritrae i due durante alcune delle loro molteplici cerimonie nuziali, dimostrazione del buon gusto che contraddistingue la Forresteria.

L'episodio ci lascia con molte aspettative: mangerà la Brocca le morositas per poi farsela addosso? Troverà Mascella l'isola giusta? I gibboni avran cibo e acqua a sufficienza? Billone e la Steffi, rimasti soli, sono a rischio lingua in bocca? Ma soprattutto, mi lascia con l'amaro in bocca per non aver ripresentato Manassa, l'erculeo coordinatore delle ricerche per mare e cielo che porta un pareo a mo' di copricapo.

Speriam in domani.