domenica 2 marzo 2014

Eroi di Carta - Prima Parte


quest'articolo è stato scritto per la rubrica "Pianeta Farnedi" su www.stonehand.it

Finito l’anno vecchio si mettono in fila le cose più interessanti capitate, vissute e imparate. Sulla rete da qualche settimana è tutto un fiorire di classifiche personali di varia natura: i dischi più belli, i film più lunghi, i libri più noiosi e via andare.
Visto che il disco più nuovo che ho comprato nel 2013 era uscito a metà anni ’90 (non son proprio aggiornato, lo so), parlerò dei due libri più belli che mi sia capitato di leggere in quest’anno appena finito. Incidentalmente sono entrambi saggi e, ma qui il caso c’entra poco, parlano entrambi di fumetti.
la prima esplosiva apparizione di Braccio di Ferro/Popeye, godetene
la prima esplosiva apparizione di Braccio di Ferro/Popeye, godetene
Prima di imbattermi in una tromba e quindi venire risucchiato dalla musica, la mia unica ragione di vita erano i fumetti; adesso, anche se la musica mi dà da mangiare, le storie disegnate sono rimaste il capitolo di spesa più importante nella mia frugale economia domestica. Mi sconvolge sempre, quando mi imbatto in un buon racconto a fumetti, la capacità di ricreare un mondo estremamente reale e credibile con mezzi tecnici poveri e semplici.
cowboy, astronavi colorate e zitti!
cowboy, astronavi colorate e zitti!
Adesso disegnatori e coloristi usano anche il computer, ma il processo base di mettere una storia in una sequenza disegnata con nuvolette (o anche no) resta il modo più economico di raccontare per immagini.
Ci sono sì i fumetti d’autore, i romanzi grafici artistici e tutto quanto e mi piacciono da matti, spesso, ma quando penso al fumetto penso a Tex, penso all’Uomo Ragno (non Spidermancome si dice adesso), penso a Braccio di Ferro e a tanti altri personaggi e storie che nascevano e ancora nascono per uscire in edicola almeno una volta al mese col loro bell’odore di carta stampata, fumetti costruiti con una passione artigiana che su di me ha un fascino irresistibile e commovente.
I due libri che ho letto parlano di fumetti americani (del resto rappresentano una delle poche espressioni artistiche pop nate negli Stati Uniti, insieme al jazz e al rock’n'roll).
unnamedIl primo è il saggio di David Hajdu Maledetti Fumetti (Tunué, Latina – 2010; ecco, non è neanche uscito nel 2013, sempre aggiornato Farnedi). L’ho comprato nella libreria del Museo Wow (http://www.museowow.it/), a Milano, dopo aver visitato una mostra fotonica sui robot (ricordo con piacere una bellissima illustrazione di un automa birichino che, sparando razzi e raggi laser, mette a ferro e fuoco il Mulino Bianco).
anche Jerry Lewis subisce i malefici influssi dei fumetti e i suoi incubi sono popolati da Victor l'Avvoltoio
anche Jerry Lewis subisce i malefici influssi dei fumetti e i suoi incubi sono popolati da Victor l’Avvoltoio
Il libro è un racconto appassionato sulla caccia alle streghe che coinvolse i fumetti, i loro autori e i loro editori nei primi anni ’50. Grazie all’opera più che approssimativa di informazione di molti organi di stampa di quegli allegri Happy Days (gli stessi giorni felici in cui il senatore Joe McCarthy e la sua ghenga misero una nazione in uno stato di isteria anticomunista), si dava per scontato che i fumetti trasformassero i piccoli lettori in orde di sadici assetati di sangue (sul tema c’è il meraviglioso Artisti e Modelle, capolavoro ASSOLUTO di Frank Tashlin con Jerry Lewis e Dean Martin, mio cult movie da quando lo davano 5 volte al giorno in non so più quale canale privato negli anni ’80).
una dimostrazione di come lavorassero gli alacri censori del Comics Code
una dimostrazione di come lavorassero gli alacri censori del Comics Code
A dare una mano ci pensò anche l’eminente psichiatra Fredric Wertham, che in questo racconto è una sorta di villain spietato e per nulla accomodante. Il risultato furono decine di roghi pubblici di fumetti, case editrici fallite o quasi e la nascita del Comics Code, un elenco di regole a cui dovevano attenersi i fumetti per essere considerati innocui: bisognava far sparire mostri e vampiri, donne scollacciate, crimine, rapine, violenza, baci con la lingua e tutti i dettagli potenzialmente ambigui (un uomo con la fronte imperlata di sudore non avrebbe passato la censura, anche se fosse stato impegnato a vangare l’orto sotto il sole d’agosto, che si sa, il sudore è licenzioso), e via così. Ammettere di lavorare nel campo dei fumetti equivaleva a proclamarsi pedofili, molestatori e quel che più vi ripugna al mondo. Molti artisti non riuscirono a sopportare questa ghettizzazione: il volume si chiude con un elenco agghiacciante di centinaia di nomi di disegnatori, autori e creativi che dopo il 1954 non lavorarono mai più nel fumetto, e il numero di donne è impressionante, per un mondo dove son regolarmente pochine.
l’allegra gioventù americana dà il via a una serie di simpatici roghi di fumetti proibiti
Le lettere di protesta di adolescenti offesi dalla scarsa considerazione in cui gli adulti tenevano l’intelligenza dei propri figli, la battaglia per la sopravvivenza e per la libertà di espressione di editori come la EC Comics sono momenti eroici e toccanti del racconto al centro di Maledetti Fumetti. Una storia divertente e appassionante, forse raccontata a volte da un punto di vista partigiano, ma con una passione che è poi la sua forza. L’edizione è molto curata, con illustrazioni, un sacco di note, una bibliografia sterminata e una cosa curiosa, che ho trovato ottima, la postfazione di Matteo Sanfilippo che mette in discussione il saggio e l’obiettività di Hadju, evidenziandone i difetti.
le concilianti cover della EC comics
le concilianti cover della EC comics
Visto che mi son fatto prendere la mano, dell’altro libro parlerò nel prossimo post, così avete tempo di riposare gli occhi.
ps – per chi fosse interessato, ecco qua la pagina che il sito web  dell’editore Tunuè dedica a Maledetti Fumetti, su cui è possibile anche leggere i primi capitoli del libro.

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